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Agostino di Ippona - Storia di un ritorno

Siamo nell'agosto del 386. Certamente a quei tempi il cielo non era coperto dallo smog delle fabbriche o dai gas di scarico delle auto, ma l'estate milanese, col suo caldo torrido, non è mai tenera verso i forestieri, anche se provengono dall'Africa. Ma non è il caldo afoso che tormenta Agostino. Al di là del muretto di cinta del suo giardino c'è calma e silenzio, ma il suo cuore è squassato dalla tempesta. “Dissi, penso, qualcosa del genere, poi la mia tempesta interiore mi strappò da Alipio, che mi guardava attonito, in silenzio. Certo le mie parole erano insolite, ma più ancora delle parole che pronunciavo, esprimevano i miei sentimenti la fronte, le guance, gli occhi, il colore della pelle, il tono della voce. Il tumulto del cuore mi sospinse verso il modesto giardinetto annesso alla casa in cui abitavamo. Mi ritirai dunque nel giardino e Alipio dietro, passo per passo. Sentivo che una tempesta, grondante un'ingente pioggia di lacrime, stava per scoppiare. Per scaricarla tutta con i suoi strepiti mi alzai e mi allontanai da Alipio, parendomi la solitudine più propizia al travaglio del pianto, quanto bastava perché anche la sua presenza non potesse impacciarmi. Mi gettai disteso, non so come, sotto una pianta di fico e diedi libero corso alle lacrime. Dilagarono i fiumi dai miei occhi, sacrificio gradevole per te, e ti parlai a lungo, se non in questi termini, in questo senso: ‘E tu, Signore, fino a quando? Fino a quando, Signore, sarai irritato, fino alla fine? Dimentica le nostre passate iniquità’ " (Conf. VIII, 8.19; 12.28).

Quanto tempo durasse questa drammatica lotta di Agostino con se stesso non sappiamo. Egli racconta che ad un tratto la sua attenzione fu attratta da "una voce come di fanciullo o fanciulla, non so, che diceva cantando e ripetendo più volte: ‘prendi e leggi, prendi e leggi’. Mutai d'aspetto all'istante e cominciai a riflettere con la massima cura se fosse una cantilena usata in qualche gioco di ragazzi, ma non ricordavo affatto di averla udita da nessuna parte. L'unica interpretazione possibile era per me che si trattasse di un comando divino ad aprire il libro e leggere il primo passo che vi avrei trovato. Così tornai concitato al luogo dove stava seduto Alipio e dove avevo lasciato il libro dell'Apostolo. Lo afferrai, lo aprii e lessi tacito il primo versetto su cui mi caddero gli occhi. Diceva: ‘Non nelle crapule e nelle ebbrezze, non negli amplessi e nelle impudicizie, non nelle contese e nelle invidie, ma rivestitevi del Signore nostro Gesù Cristo e non assecondate la carne nelle sue concupiscenze’. Non volli leggere oltre, né mi occorreva. Appena terminata infatti la lettura di questa frase, una luce di certezza penetrò nel mio cuore e tutte le tenebre del dubbio si dissiparono" (Conf. VIII, 12.29). La scelta era fatta e per sempre. "Mi volgesti a te così appieno, che non cercavo più né moglie, né altra speranza di questo mondo" (Conf. VIII, 12.30).

Anche in Alipio, già deciso a non sposarsi e a dedicare la sua vita alla ricerca della sapienza, è avvenuta una trasformazione. Si rallegra della decisione del suo amico, vanno insieme da Monica e le rivelano la decisione presa. “Le raccontiamo lo svolgimento dei fatti: esulta e trionfa. E cominciò a benedirti, o Signore, perché avevi concesso alle sue lacrime molto più di quanto aveva chiesto" (Conf. VIII, 12.30).

 

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