Ciò che impedisce ad Agostino di compiere il passo decisivo non è il desiderio di ricchezza: da tempo aveva imparato a non chiedere al danaro che "il vitto necessario e l'onesta utilità" (Solil. 1,10.17). Non è l'ambizione del successo: ora anche l'insegnamento gli era diventato un fastidio; l'amore alla sapienza aveva preso il primo posto. Il vero ostacolo era la donna.
Se si fosse trattato di abbracciare una vita cristiana conforme ai precetti del Vangelo, non avrebbe avuto problemi. Fedele alla donna con la quale conviveva, padre premuroso, avrebbe potuto ricevere il Battesimo, celebrare il matrimonio e aspettare l'avanzamento di carriera che si prevedeva non lontano. Sarebbe stato un buon cristiano, un buon amministratore e, a tempo libero, un buon filosofo e forse un discreto scrittore. Anche Agostino inclinava verso il matrimonio. Monica poi spingeva fortemente in tal senso. Donna intelligente e pratica, pensava che solo nell'ambito del matrimonio il suo Agostino avrebbe potuto vivere quell'ideale cristiano a cui lo vedeva avvicinarsi sempre più. Anzi, fu proprio lei che - data l'impossibilità di un matrimonio legale con la donna che già conviveva con Agostino e che gli aveva dato un figlio - si diede da fare per trovare una giovane che facesse al caso. La scelta cadde su una fanciulla milanese. "Intanto mi si sollecitava instancabilmente a prendere moglie. Così ne avevo ormai avanzato la richiesta e ottenuta la promessa. Chi lavorava maggiormente in questo senso era mia madre con l'idea che, una volta sposato, il lavacro salutare del battesimo mi avrebbe ripulito. Gioiva che io vi fossi ogni giorno meglio disposto, e nella mia fede riconosceva il compiersi dei suoi voti e delle tue promesse. Le mancavano ancora due anni all'età da marito, però piaceva a tutti e così si aspettava" (Conf. VI, 13.23).
Intanto però maturavano dei fatti nuovi che avrebbero dato alla vita di Agostino un nuovo corso. Il contrasto tra le aspirazioni interiori e le abitudini quotidiane si faceva più profondo, più drammatico, più lacerante. Alla voce della filosofia che gli consigliava, per la libertà della propria anima, di rinunciare al matrimonio, si era aggiunta quella ben più forte e più autorevole di S. Paolo e del Vangelo, che, senza proibire il matrimonio, invitava ad uno stato più alto con parole cariche di mistero: la continenza perfetta è, sì, una scelta, ma anche un dono di Dio. Si fa strada dunque un'idea nuova: abbracciare la continenza perfetta. “Dunque avevo trovato la perla preziosa e mi conveniva acquistarla vendendo tutti i miei beni. Eppure esitavo." (Conf. VIII, 1.2). Per acquistare la perla preziosa bisognava fare affidamento non sulle proprie forze, ma sull'aiuto della grazia. Occorreva pregare. "Io ero sì persuaso della convenienza di concedermi al tuo amore, anziché cedere alla mia passione; ma se l'uno mi piaceva e vinceva, l'altro mi attraeva e avvinceva. Non sapevo cosa rispondere a queste tue parole: «Levati, tu che dormi, risorgi dai morti, e Cristo t'illuminerà». Io, pur convinto della loro verità, non sapevo affatto cosa rispondere, se non qualche frase lenta e sonnolenta: `Fra breve' e ‘Attendi un pochino'. Però quei `breve' non avevano breve durata e quell' `attendi un pochino' andava per le lunghe" (Conf. VIII, 5.12).
A fargli troncare ogni indugio concorsero due fatti provvidenziali: l'esempio di persone che c'erano riuscite, e il "tolle lege", il tocco finale della grazia.
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