Secondo un noto proverbio, le parole volano, solo gli esempi trascinano. Agostino sperimenta la saggezza di questa massima.
“Feci in quei giorni visita a Simpliciano che Ambrogio amava come un padre. Gli raccontai i miei problemi. E quando accennai alla lettura che avevo fatto di alcuni libri platonici, tradotti da Mario Vittorino, si rallegrò. E per esortarmi all'umiltà di Cristo mi raccontò i suoi ricordi di Vittorino. Egli fino alla vecchiaia aveva onorato e difeso gli dei, ed aveva ottenuto un grandissimo riconoscimento: una statua nel foro romano. Eppure non arrossì a tornare piccolo, convertendosi a Cristo e di sottoporre il collo al giogo dell'umiltà. A detta di Simpliciano, leggeva la S. Scrittura e studiava con la massima diligenza tutti i testi cristiani. Diceva spesso a Simpliciano, confidenzialmente, `devi sapere che sono ormai cristiano'. L'altro replicava: ‘Non lo crederò né ti considererò nel numero dei cristiani finché non ti avrò visto nella chiesa di Cristo'. Egli chiedeva sorridendo: `Son dunque le mura a fare i cristiani?'. In realtà temeva di spiacere ai suoi amici, superbi adoratori del demonio. Ma poi dalle avide letture attinse una ferma risoluzione e all'improvviso disse all'amico: Andiamo in chiesa, voglio diventare cristiano'. Quando venne il momento della professione di fede, alcuni, narrava l'amico, proposero a Vittorino di farla in forma privata, licenza che si usava accordare a chi faceva pensare che si sarebbe troppo emozionato per la vergogna. Ma Vittorino preferì professare la sua salvezza al cospetto della santa moltitudine. Così, quando salì a recitare la formula, tutti gli astanti scandirono fragorosamente, in segno di approvazione, il suo nome, poi tacquero sospesi per udirlo. Egli recitò la sua professione della vera fede con sicurezza straordinaria" (Conf. VIII, 2.4-5).
Lo stemma dell’Ordine
È il simbolo o lo stemma adottato dalla famiglia Agostiniana.
Un libro aperto fa da sfondo ad un cuore fiammeggiante trapassato da una freccia.
È la sintesi della personalità dei Agostino, teologo e santo: indagatore acuto delle verità divine, appassionato seguace di Cristo e della Chiesa.
È la sintesi anche della spiritualità agostiniana: la ricerca della verità nell'amore fraterno, che fa di molti un'anima sola e un cuore solo.
Libro e cuore, due segni che diventano un programma: verità nella carità e carità nella verità.
“Allorché il tuo servo Simpliciano mi ebbe narrato la storia di Vittorino, mi sentii ardere dal desiderio di imitarlo, che era poi lo scopo per il quale Simpliciano me l'aveva narrata" (Conf. VIII, 5.10).
Agostino si dibatte in un'angoscia crescente. Sa che ormai è ora di decidersi, ma non ne ha la forza. Ma Dio lo incalza sempre più da vicino.
"Un giorno viene a trovarci, Alipio e me, un certo Ponticiano, nostro compatriota in quanto africano, che ricopriva una carica cospicua a palazzo. Ignoro cosa volesse da noi. Ci sedemmo per conversare e casualmente notò sopra un tavolo da gioco che ci stava davanti un libro. Lo prese, lo aprì e con sua grande meraviglia vi trovò le Lettere dell'Apostolo Paolo, mentre aveva immaginato fosse una delle opere che mi consumavo a spiegare a scuola. Allora mi guardò sorridendo e si congratulò con me, dicendosi sorpreso di aver scoperto davanti ai miei occhi quel testo e quello solo. Dirò che era cristiano e battezzato. Io gli spiegai che riservavo la massima attenzione a quegli scritti, e così si avviò il discorso. Ci raccontò la storia di Antonio, un monaco egiziano, il cui nome brillava in chiara luce fra i tuoi servi, mentre per noi fino ad allora era oscuro. Quando se ne avvide, si dilungò nel racconto, istruendoci su un personaggio tanto ragguardevole a noi ignoto e manifestando la sua meraviglia, appunto, per la nostra ignoranza. Anche noi eravamo stupefatti all'udire le tue meraviglie potentemente attestate in epoca così recente, quasi ai nostri giorni, e operate nella vere fede della chiesa cattolica" (Conf. VIII, 6.14).
Ponticiano narrò anche il cambiamento subitaneo di due militari a Treviri, i quali letta la vita di Antonio, avevano lasciato le loro fidanzate e s'erano consacrati a Dio. E accennò anche al monastero esistente a Milano stesso, fuori le mura, sotto la guida di Ambrogio. Questi fatti erano tutti meravigliosi e tutti nuovi. Agostino non sospettava neppure che ci fosse nella chiesa cattolica tanta vitalità di vita consacrata maschile, anzi non sapeva affatto che esistesse un tal genere di vita.
Questa scoperta lo sconvolse interamente: Agostino si sente accerchiato da Dio e sa che non può più sfuggire. Partito Ponticiano, interiormente sconvolto, si rivolge ad Alipio: "Cosa facciamo? Cosa significa quanto hai udito? Alcuni indotti si alzano e rapiscono il cielo, mentre noi con tutta la nostra dottrina ci avvoltoliamo nella carne e nel sangue. O, forse, poiché ci precedettero, abbiamo vergogna a seguirli e non abbiamo vergogna a non seguirli almeno?" (Conf. VIII, 8.19).
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