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Il battesimo

Agostino di Ippona - Storia di un ritorno

Dopo questo avvenimento fondamentale, Agostino è deciso a consacrarsi totalmente a Dio. Però non rompe subito con tutti gli impegni, ma aspetta che arrivi la fine della scuola. Del resto mancano ormai pochissimi giorni alle vacanze vendemmiali, e allora potrà licenziarsi senza clamore. Tanto più che i suoi polmoni sono malridotti: hanno incominciato a cedere sotto il peso dell'eccessivo lavoro scolastico.

L'amico Verecondo ha una villa a Cassiciaco, in Brianza, e la mette generosamente a disposizione di Agostino e dei suoi amici. Arriva nella villa di campagna verso i primi di novembre. Sono con lui la madre, il fratello Navigio, l'amico Alipio, i concittadini e discepoli Trigezio e Licenzio, i cugini Lastidiano e Rustico, il figlio Adeodato. Vi rimangono fino al marzo del 387 dedicandosi alla preghiera (soprattutto con i salmi), all'approfondimento delle verità cristiane e a scrivere dialoghi filosofici, sulla verità, la vita beata, l'ordine. "Quando mi basterà il tempo, o Signore, per mettere in scritto tutti i tuoi grandi benefici a noi accordati in quel periodo? La mia memoria mi richiama, pregusto la dolcezza di confessarti, Signore, i pungoli interiori, con cui mi domasti: il modo che usasti per spianarmi, abbassando i monti e i colli dei miei pensieri, per raddrizzare le mie vie tortuose, per addolcire le mie asperità. Quali grida, Dio mio, non lanciai verso di te leggendo i salmi di Davide? Novizio ancora al tuo genuino amore, catecumeno ozioso in villa, col catecumeno Alipio e la madre stretta al nostro fianco, quali grida non lanciavo verso di te leggendo quei salmi, quale fuoco per te non ne attingevo!" (Conf. IX, 4.7-8).

Verso il termine delle vacanze, Agostino avvertì i milanesi "a provvedersi un altro spacciatore di parole per i loro studenti" adducendo quali motivi la sua decisione di mettersi totalmente al servizio di Dio, ma anche la sua cattiva salute: difficoltà di respirare e male di petto. Con una lettera informava anche il vescovo Ambrogio dei suoi errori passati e della sua intenzione presente, e gli chiedeva consiglio su quali libri della Bibbia dovesse fermare la sua attenzione per prepararsi meglio al battesimo. All'inizio della quaresima (quell'anno cadeva il 10 marzo) lasciarono la campagna per far ritorno a Milano. Alipio, in segno di penitenza, fa un tratto di cammino a piedi scalzi, su terreno gelato. Il 25 aprile del 387, notte del Sabato Santo, dalle mani del vescovo Ambrogio, nel Battistero recentemente ritrovato e che si può ammirare nei sotterranei del Duomo, Alipio, Agostino e il figlio quindicenne Adeodato ricevono il Battesimo. Agostino narra l'avvenimento con pochissime parole: “Fummo battezzati e si dileguò da noi l'inquietudine della vita passata" (Conf. IX, 6.14). Forse la pensava come un autore moderno: "Quel giorno, il mio giorno. Di esso non narro. Lo sbiadirei soltanto" (Fanti, Un saio color di festa, Rogate 1984). Ma i sentimenti di Agostino li ricaviamo molto bene dalle accese invocazioni sparse nelle sue opere. Come questa. "Tardi ti amai, bellezza così antica e così nuova, tardi ti amai! Si, perché tu eri dentro di me e io fuori. Lì ti cercavo. Deforme, mi gettavo sulle belle forme delle tue creature. Eri con me e io non ero con te. Mi tenevano lontano da te le tue creature, che non esisterebbero se non esistessero in te. Mi chiamasti, e il tuo grido sfondò la mia sordità; balenasti, e il tuo splendore dissipò la mia cecità; diffondesti la tua fragranza, e respirai e anelo verso di te, gustai e ho fame e sete di te; mi toccasti, e arsi dal desiderio della tua pace" (Conf. X, 27.38).

 

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