Nell'autunno del 384, con una vettura di Stato - c'erano circa 600 chilometri da percorrere e, tra soste e cambio di cavalli, forse una settimana di viaggio - Agostino giunge a Milano che, di fatto, è la vera capitale dell'Impero. È lì infatti che risiede l'Imperatore Valentiniano II, ancor giovanissimo, e la reggente Giustina, sua madre. Ma forse l'uomo che conta di più a Milano, almeno per il prestigio che si è guadagnato tra il popolo, è il Vescovo Ambrogio. Ambrogio è un dotto e un'asceta. Vescovo da 10 anni e più anziano di Agostino di circa 14, è tutto dedito a Dio e alle cure pastorali. Agostino, le cui doti fondamentali erano il rigore intellettuale e la coerenza pratica, non poteva, prima o poi, non intendersi con lui. "Incontrai il vescovo Ambrogio, noto a tutto il mondo come uno dei migliori e tuo devoto servitore. In quel tempo la sua eloquenza dispensava strenuamente al popolo la sostanza del tuo frumento, la letizia del tuo olio, e la sobria ebbrezza del tuo vino. A lui ero guidato inconsapevole da te, per essere da lui guidato consapevole a te. Quell'uomo di Dio mi accolse e gradì il mio pellegrinaggio proprio come un vescovo. Io pure presi subito ad amarlo, dapprima però non certo come maestro di verità, poiché non avevo alcuna speranza di trovarla dentro la tua chiesa, bensì come persona che mi mostrava della benevolenza" (Conf. V, 13,23).
Anche per Ambrogio questo professore giunto da Roma, raccomandato da Simmaco e protetto dalla corte imperiale, non poteva essere l'ultimo arrivato. Ora infatti si trova in una posizione di tutto rispetto. Come professore di retorica - un misto tra professore, avvocato, oratore ufficiale - essendo stato richiesto dalla corte, gode di un incarico pubblico e stabile. Suo compito, oltre ad insegnare, è quello di pronunciare discorsi ufficiali in onore dell'imperatore o dei consoli dell'anno. Un incarico importante che gli permette di entrare nel giro delle alte cariche: magari una carica amministrativa, la "presidenza" di un tribunale, o addirittura una nomina a prefetto. Anche sotto l'aspetto economico la sua situazione era notevolmente migliorata.
Sant'Ambrogio
Ambrogio nacque in Gallia, probabilmente a Treviri, nel 333 (o 340) da nobile famiglia cristiana. Dopo la morte del padre, anche egli di nome Ambrogio, fu mandato assieme al fratello Satiro e alla sorella Marcellina a Roma per essere educato ed avviato alla professione di magistrato. Verso il 370 fu inviato in qualità di prefetto nell'Alta Italia e si stabilì a Milano. Mostrò tale saggezza e pastoralità nel suo incarico che alla morte del vescovo ariano Aussenzio il popolo intero lo acclamò come successore a capo della diocesi, ormai provata dalle continue lotte fra ariani e cattolici.
Affermazioni fedeli della sua grande personalità ci giungono da Agostino stesso che fu suo vivente testimone e suo grande ammiratore. Agostino lo ha trasmesso a noi come un uomo in cui mirabilmente si fondevano una straordinaria dolcezza e bontà con una estrema capacità di fermezza e dominio delle situazioni. Ama ricordarlo come uomo “admirabilis”, dolce con chiunque, magnanimo, cordiale, ma all'occorrenza forte, deciso, fermo. Strenuo difensore della causa cristiana, seppe opporsi a Valentiniano II e a Giustina e ottenere la fiducia di Graziano e Teodosio. Morì nel 397.
Le sue opere si possono distinguere in esegetiche (Exameron, La storia di Nabot), morali (I doveri dei ministri, Sulle vergini a Marcellina), dogmatiche (Sulla fede a Graziano imperatore). In tutte si ha la difesa dei valori e ideali umani e cristiani di amore, giustizia, continenza.
Andrea Mosca
Non c'è da meravigliarsi se in questo periodo molto amici africani lo raggiungono a Milano. Alipio, l'amico del cuore, era già a Roma prima che vi giungesse Agostino. Amico di Simmaco, arriva a Milano, con lo stesso Agostino e vi apre uno studio di consulenza legale. Nebridio, cui Agostino dà l'appellativo di "dolce"; si erano conosciuti a Cartagine e ora lascia la sua ricca famiglia per seguirlo a Milano "con l'unico intento di vivere insieme a me nella ricerca ardentissima della verità e della sapienza. Erano, le nostre, le bocche di tre affamati che si ispiravano a vicenda la propria miseria, rivolte verso di te, in attesa che dessi loro il cibo nel tempo opportuno" (Conf. VI, 10.17).
Poi arriva il giovanissimo Licenzio, figlio di Romaniano, cui Agostino deve moltissimo per i suoi studi. Viene insieme al padre, e Agostino può ripagarlo accogliendo Licenzio alla sua scuola. Altro giovanissimo è Trigezio, che fa il militare a Milano. Poi arrivano due cugini di Agostino Lastidiano e Rustico. È una piccola colonia di Africani, quasi una corte per l'esimio professore. Tutti impegnati al giorno nelle proprie occupazioni, alla sera e nelle ore libere a discutere appassionatamente insieme. Sarebbe una vita felice, se non ci fosse quell'assillo, quel tormento interiore...
Nella tarda primavera del 385 un'altra comitiva raggiungeva Milano: la madre Monica, la sua donna senza nome, il figlio Adeodato, insieme al fratello di Agostino Navigio. Appena avevano potuto sistemare le loro cose, erano partiti, l'avevano cercato a Roma, dove non era più, e finalmente lo trovavano a Milano.
Infine, fra le amicizie allacciate in questa città, c'era quella di Verecondo, uomo di scuola anche lui, probabilmente padrone di casa di Agostino, ma così generoso da mettere a disposizione dell'illustre ospite e dei suoi amici anche la sua villa di campagna, a Cassiciaco in Brianza.
È significativa questa presenza di amici intorno ad Agostino: ne mettono in risalto la personalità di "lieder", lo accompagnano, soffrendo con lui, nel suo cammino di conversione, e alcuni di loro costituiranno il nucleo della prima comunità monastica a Tagaste.
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