Un fiume che attraversa tutta la scena della rappresentazione della natività. È il Giordano, le cui acque sono state al centro di tanti episodi biblici. Una leggera nebbia si alza alla sera su questo corso che solca le colline del presepe allestito nella pontificia parrocchia di Sant’Anna in Vaticano.
Il parroco, l’agostiniano Bruno Silvestrini, spiega che ponendo al centro del- la scenografia il fiume si vuole rappresentare il fluire della nostra vita e dello scorrere del tempo. Pur nel suo incessante e apparentemente monotono movimento, il Giordano vive delle realtà che lo circondano.
La scena si apre con la natività collocata sul lato sinistro del fiume. All’orizzonte un grande arcobaleno rinnova il patto di Dio con l’umanità. Tutt’intorno acque e colori si uniscono al giubilo per la nascita del Bambino. Sullo sfondo il tempio di Gerusalemme e in primo pia- no il nuovo “tempio”, quel Messia atte- so dalle generazioni. Sicuramente, nelle intenzioni degli autori del presepe — i marchigiani Mariano Piampiani, Alber- to Taborro e Sandro Brillarelli — l’associazione tra “tempio” e Messia vuole ricordare la distruzione dell’edificio e la risurrezione di Cristo. Ma quel tempio, spiega padre Silvestrini, esprime anche le origini della nostra fede trasmessaci dai genitori, dai nonni, dai catechisti.
Sul lato destro si vedono dei pastori intenti a pascolare le pecore. Altri personaggi sono dediti alle attività lavorative quotidiane. Niente si ferma, la vita scorre continua come le acque del Giordano. In fondo si notano delle abitazioni. All’interno di una grotta si al- ternano, a seconda del giorno o della notte, l’angelo dell’annunciazione e un
pastore. Il primo annuncia che la nostra vita può essere valorizzata e vissuta in pienezza.
Le giornate scorrono tra sole brillante, nuvole e notte con cielo stellato o cupo. In primo piano due cammelli se ne stanno adagiati davanti alla natività: uno intento a ruminare, uno mentre muove la testa. (n.g.)
L’Osservatore romano 23 dicembre 2018