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Comunione Pasquale

Celebrazione Eucaristica con i dipendenti della Città del Vaticano

Città del Vaticano
, 23/03/2016

Il 23 marzo, mercoledì Santo, alle ore 8.00, presso l’altare della Cattedra nella Basilica Papale di San Pietro in Vaticano, il Cardinale Angelo Comastri ha invitato tutti i dipendenti della Città del Vaticano per la “Comunione Pasquale”. Alla celebrazione era invitato anche il Parroco della Pontificia Parrocchia di Sant’Anna, Padre Bruno Silvestrini. Al segno della Pace e al termine della Celebrazione eucaristica, il Cardinale ha salutato i Concelebranti e una rappresentanza di dipendenti. Alla celebrazione, oltre ad un folto numero di sacerdoti impegnati nella pastorale a servizio della Città del Vaticano, hanno partecipato gli Arcivescovi S. Ecc. Mons. Vittorio Lanzani, S. Ecc. Mons. Oscar Rizzato e S. Ecc. Mons. Giorgio Corbellini.

Riportiamo di seguito la monizione iniziale alla celebrazione e l’omelia tenuta da Sua Eminenza.

Inizio
Nei giorni scorsi ho tanto riflettuto sulla tragica vicenda dei giovani romani che hanno ucciso un loro coetaneo perché erano annoiati e volevano fare l'esperienza di ammazzare una persona. È orribile: e non sono casi isolati! Però andiamo alla radice: questi giovani assassini erano istruiti e con tanti soldi messi a disposizione dai genitori: eppure odiavano i genitori e in particolare il padre. Perché hanno avuto un'educazione completamente sbagliata: sono stati abituati ad esaudire qualsiasi desiderio, qualsiasi capriccio, qualsiasi voglia. Cioè: sono stati fatti crescere nell'egoismo.

E l'egoismo, se non si combatte fin da piccoli, produce crudeltà: è stato sempre così!

Si avvicina la Pasqua: tagliamo ogni legame con l'egoismo che è anche dentro di noi per costruire veramente un mondo più fraterno cominciando dalle nostre famiglie e dal nostro ambiente di lavoro.

Omelia
In questo mese (esattamente il 2 marzo del 1956: sessanta anni fa) moriva qui a Roma Eugenio Pio Zolli.

Pochi oggi conoscono la meravigliosa e drammatica storia di quest'uomo. Sento il dovere di ricordarla. Eugenio Pio Zolli era un ebreo: infatti il nome ricevuto in famiglia era Israele. Nacque a Brody (in Polonia) il 17 settembre 1881 da genitori ferventi praticanti della religione ebraica. Nell'adolescenza due fatti lo segnarono profondamente e guidarono i suoi passi verso Gesù e verso la Chiesa Cattolica.

Il primo fatto.
Andava spesso a fare i compiti insieme ad un amico cattolico di nome Stanislao. Stanislao era orfano di padre e la sua casa era molto povera. Però nella cucina , dove i due ragazzi solevano fare i compiti, sulla parete bianca era appeso un Crocifisso.
Israele conosceva qualcosa della vita di Gesù e guardandolo si chiedeva: "Perché l'hanno crocifisso? Si crocifiggono i delinquenti! Ma Gesù non lo era. Era buono: perché, allora, l'hanno crocifisso? E perché quando lo guardo mi entra tanta pace nell'anima? Chi era Gesù? Era forse il servo di Jahvè di cui tanto parla Isaia?".
Passarono gli anni e Israele lentamente capì che le parole di Isaia si erano compiute perfettamente in Gesù.

Secondo fatto.
La mamma di Israele Zolli spesse volte, il venerdì sera, quando il papà andava alla preghiera nella Sinagoga, diceva di sentirsi poco bene e restava a casa. Ma, appena il papà era uscito, prendeva una grossa borsa piena di viveri e andava a trovare una famiglia vicina, che viveva in forti ristrettezze. La mamma, con delicatezza, appoggiava la borsa da una parte e la lasciava al momento di uscire. Israele vedeva e provava tanta gioia nel vivere la carità. Si chiedeva: "Perché provo tanta gioia quando la mamma si comporta così?".
Lo capirà in seguito, quando scoprirà il Comandamento dell'Amore, che Gesù ha lasciato come Comandamento distintivo dei suoi discepoli e che dovrebbe essere anche il nostro distintivo.
Israele Zolli in seguito lasciò la Polonia e, dopo essere stato Rabbino a Trieste, nel 1940 divenne Rabbino della grande Sinagoga di Roma (posta subito al di là del Tevere).
A guerra conclusa, egli chiese il Santo Battesimo e divenne cattolico: il fatto suscitò grande meraviglia da una parte e grande indignazione dall'altra. Zolli serenamente commentò: "La conversione consiste nel rispondere a un appello di Dio. Ed io ho obbedito!".
Questo appello Dio lo rivolge anche a noi in questo momento. Accoglieremo in questa Santa Pasqua l'appello di Dio per migliorare qualcosa nella nostra vita? O faremo finta di niente, perdendo un'altra occasione propizia per fare un passo verso Gesù?
Israele Zolli ha sentito la chiamata di Dio alla conversione e ha risposto. Quando e come ha sentito la chiamata alla conversione? Ascoltiamo il racconto lucidissimo del Gran Rabbino, che ha alzato il velo che nascondeva la sua meravigliosa storia di conversione e ha raccontato il momento emozionante, in cui gli giunse l'appello deciso e preciso di Gesù. Ecco il suo racconto: "Era l'autunno dell'anno 1944, esattamente era il giorno del Gran Perdono, che gli ebrei chiamano Yom Kippur. Il giorno stava per finire ed io ero spiritualmente tutto solo, pur trovandomi in mezzo a tante persone nella Sinagoga di Roma. Una sorta di nebbia cominciò ad avvolgermi. Accanto a me un cero si era interamente consumato".
Il Rabbino ricorda tutti i particolari, perché i momenti decisivi della vita restano impressi nell'animo e anche i dettagli hanno un significato e fanno parte dell'avvenimento.
Il Rabbino fin dalla giovinezza aveva sentito il fascino delle persona di Gesù e onestamente era arrivato alla conclusione che Gesù è il personaggio annunciato dalle Scritture.
Bisognava fare un passo verso di Lui: ma ecco cosa accade.
Seguiamo ancora il racconto lucidissimo del Rabbino: "D'improvviso, con una visione interiore, vidi una grande prateria e, in piedi, in mezzo all'erba verde, c'era Gesù Cristo in veste bianca; sopra di Lui il Cielo era azzurro. A quella vista io provai una pace indicibile. E, allora, in fondo al cuore, sentii distintamente queste parole: 'Sei qui per l'ultima volta. D'ora in poi tu seguirai me!'. Accolsi queste parole con la massima serenità e il mio cuore rispose serenamente: 'Così sia, così sia, così deve essere!".
Attorno al Rabbino nessuno si è accorto di nulla. Il suono dello shofar, il corno di ariete usato dagli ebrei nel deserto, risuonò in quel momento nella Sinagoga di Roma, che si trova proprio vicino alla Basilica di San Pietro, sull'altra riva del Tevere. Tutti si salutano, mentre il gran Rabbino resta pensoso e assorto e si domanda che cosa sia veramente accaduto al tramonto di quel memorabile giorno di preghiera.
Tornato a casa, dopo il rigoroso digiuno previsto dalla festa dello Yom Kippur, il Rabbino Zolli si chiese se non sia stato vittima di una allucinazione, dovuta ad una momentanea debolezza per mancanza di nutrimento. Senza dire una parola di quanto accaduto, entra in casa e consuma una frugale cena insieme alla moglie Emma e alla figlia Miriam: tutto ritorna normale. Dopo cena, si ritira nel suo ufficio per scrivere alcune lettere e dare un'occhiata ai giornali e alle riviste. Ma a tarda sera, prima di andare a letto, la moglie Emma si accosta al marito e gli confida: "Oggi mentre eri davanti all'Arca e alla Torah, mi è sembrato di aver visto Gesù accanto a te. Era vestito di bianco e ti teneva una mano sul capo come se ti benedicesse".
Il Rabbino ricordando quel momento, racconta: "Ero stupito, ma cercai di restare calmo. Feci finta di non aver capito. Allora mia moglie ripeté parola per parola quanto mi aveva detto. In quel momento sentimmo la figlia più giovane, l'ormai ventenne Miriam, che gridò: 'Papà!'. Entrai in camera sua e le chiesi: 'Cosa c'è?'. Ella mi chiese: 'Stavate parlando di Gesù: ho sentito. Sai, papà, stasera ho sognato Gesù, molto alto, vestito di bianco'.
Queste coincidenze mi colpirono e quella notte riempirono i miei pensieri e fecero maturare la mia grande decisione".

Infatti, dopo pochi giorni (siamo a fine ottobre dell'anno 1944) Israele Zolli presentò le dimissioni da Rabbino Capo della Comunità Israelitica di Roma, la più illustre della Diaspora ebraica. Poi si recò da un sacerdote per essere istruito sulla fede cattolica prima di presentare la domanda ufficiale del Battesimo.

E il 13 febbraio 1945, nella Chiesa di S. Maria degli Angeli a Piazza Esedra, nella Cappella annessa alla Sacrestia, Mons. Luigi Traglia conferì il sacramento del Battesimo a Israele Zolli, che scelse come nome di Battesimo quello di Eugenio Pio, in omaggio e per riconoscenza a Papa Pio XII per quanto aveva fatto per gli ebrei durante la guerra. Sua moglie, Emma Zolli, battezzata lo stesso giorno, aggiunse il nome di Maria; e la figlia Miriam seguì i genitori dopo un anno di riflessione personale.
L'indomani, 14 febbraio, il Padre Dezza, Rettore dell'Università Gregoriana, fece fare ai coniugi la Prima Comunione.
Qualche giorno dopo, ancora insieme, ricevettero il Sacramento della Confermazione dalle mani di Mons. Fogar, Vescovo di Trieste all'epoca in cui Zolli era Rabbino della città.
Appena si diffuse la notizia della conversione al cattolicesimo da parte dell'ex-Gran Rabbino di Roma, si scatenò una autentica bufera di emozioni e di reazioni. In un primo momento viene tentato di tutto per farlo desistere dalla sua decisione e farlo tornare indietro. Poi, sia per telefono che per lettera, Zolli riceve ingiurie, sarcasmi e addirittura minacce d'ogni genere.
La Sinagoga di Roma stabilì diversi giorni di digiuno in espiazione per l'apostasia di Zolli e portò il lutto come se egli fosse morto. Contemporaneamente lo denunciò come un meshummad, cioè un apostata, e lo scomunicò. Zolli affrontò tutto con una bontà disarmante e più volte dichiarò: "Perdono tutti. Dopo il Santo Battesimo non sono più capace di odiare nessuno. Perdono tutti, come mi ha insegnato Gesù!".

Noi, per offese ben più piccole, abbiamo la stessa reazione di Eugenio Zolli, che è in perfetta sintonia con il perdono che Gesù ha gridato dalla Croce?

Crediamo nel Comandamento dell'Amore e lo viviamo veramente?

Alcuni protestanti contattarono il neobattezzato che, dopo la conversione, venne a trovarsi in condizioni di autentica ristrettezza economica. Egli stesso ebbe a confidare: "Nessun motivo di interesse  mi ha portato a fare questo passo. Quando mia moglie ed io abbiamo abbracciato la Chiesa Cattolica, abbiamo perso tutto ciò che avevamo al mondo e ci siamo trovati letteralmente in mezzo alla strada. Non importa: Dio ci aiuterà!". La fede vale molto più … dei soldi!

Però, facendo leva su questa sofferta situazione, alcune persone gli promisero considerevoli somme di denaro se, con il suo studio della Sacra Scrittura, fosse riuscito a trovare una giustificazione delle tesi protestanti contro il primato del Papa. Il teologo riformato Oscar Cullmann, in una intervista riportata nel periodico '30 Giorni', ha dichiarato che avrebbe desiderato offrirgli una ben remunerata Cattedra  dell'Università di Basilea. Zolli non solo rifiutò, ma pensò di scrivere un' opera per provare il contrario: lo scritto intitolato 'La confessione e il dramma di Pietro' rimase purtroppo incompiuto alla sua morte.
Chiesero a Zolli: "Perché non hai aderito a una delle Chiese protestanti, anch'esse cristiane?". Zolli con lucidità impressionante rispose: "Protestare non è testimoniare! Perché hanno aspettato millecinquecento anni prima di protestare? La Chiesa cattolica fu riconosciuta dal mondo cristiano come la vera Chiesa di Cristo per quindici secoli consecutivi: dopo questi 1500 anni, nessuno può dire che la Chiesa cattolica non è la Chiesa di Cristo, senza mettersi in un serio imbarazzo. Io posso ammettere l'autenticità di una sola Chiesa, quella annunciata a tutte le creature dai miei stessi antenati, i dodici apostoli che, come me, sono usciti dalla Sinagoga".
Intanto la sua famiglia deve lasciare la casa di via San Bartolomeo ai Vaccinari e, dopo l'asilo offerto da Padre Dezza nell'Università Gregoriana, trova un alloggio modesto in un piccolo appartamento.

Nell'ottobre del 1946 entra nel terzo ordine di San Francesco e ogni mattina, nella cappella della Gregoriana, Eugenio Zolli partecipa alla Messa celebrata da Padre Dezza e poi si intrattiene a lungo in preghiera. Confida al Padre gesuita: "Mi trovo così bene in cappella davanti all'Eucaristia, che non vorrei mai uscire!". 
Gli anni seguenti furono completamente spesi per conoscere meglio Gesù e per farlo conoscere a tutti: Eugenio Pio Zolli aveva capito che Gesù è l'unica Luce che rischiara il cammino della vita.

Noi sentiamo il dovere di far conoscere Gesù? La nostra vita parla di Gesù e attira a Gesù?

Eugenio Zolli nel gennaio del 1956 venne colpito da una broncopolmonite: non si riprese più. Durante la malattia alcuni amici andavano a trovarlo per pregare insieme a lui. Un pomeriggio, durante la preghiera, esclamò: "Io possiedo soltanto tutto ciò che ho perso (cioè: è mio soltanto il sacrificio che ho fatto per amore di Gesù). Sebbene indegno, è tutto ciò che posso offrire al Signore. Sono la parte migliore di me".

Il 2 marzo 1956, alle ore dieci, riceve la Santa Comunione e dice: "Spero che il Signore perdoni i miei peccati. Per il resto, confido in Lui".
Poi continuò a parlare, scrive un testimone, ma non era possibile capirlo. Era già sull'altra riva. A mezzogiorno, entrò in coma. Morì alle tre, come Gesù. Era il primo venerdì del mese.
Una domanda esce dalla sua vicenda: noi che abbiamo incontrato Gesù senza fatica e quindi senza alcun prezzo, abbiamo capito quanto è preziosa la fede? Abbiamo capito quanto è grande il dono che abbiamo ricevuto?
Abbiamo mai detto: "Grazie, Signore, per il dono della fede che io non ho meritato"? Nella nostra famiglia diamo esempio di fede convinta e vissuta? È questa la nostra prima preoccupazione?

La Santa Pasqua di quest'anno risvegli in noi il desiderio di una risposta più generosa al dono della fede, perché di questo dono dovremo rendere conto a Dio.

Card. Angelo Comastri
Arciprete della Basilica Papale
di San Pietro in Vaticano