Presentato il libro di Andrea Tornielli nella sala Padre Agostino Trapé di Santa Monica.
Alla presentazione, moderata da padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa della Santa Sede, hanno preso parte tra gli altri il cardinale Pietro Parolin, don Giuseppe Costa, direttore della Lev e Zhang Agostino Jianqing, un detenuto cinese del carcere di Padova che ha raccontato il suo incontro con la Misericordia di Dio. "Sono di famiglia di tradizione buddhista", ha raccontato. "Nel 1997 a 12 anni sono arrivato in Italia con mio papà. Studiavo, a scuola mi annoiavo, scappavo, diventavo sempre più cattivo, litigavo con miei genitori che non mi davano soldi per divertirmi", assumendo un carattere "violento e superficiale", ha detto Zhang Agostino Jianquing, sottolineando di essere concentrato su "sballo, soldi e ragazze". Senza entrare nei dettagli, l'uomo ha poi raccontato di aver avuto una condanna a 20 anni in carcere. Proprio in prigione, ora a Padova, si è convertito al cristianesimo, grazie soprattutto al ruolo avuto da sua madre.
"Ieri quando Agostino ha incontrato il Papa gli ha dato una foto sua con i suoi amici e fratelli nel carcere, le firme, le dediche al Papa, e il Papa ha fatto una bellissima dedica di risposta dicendo che è vicino a loro, prega per loro e chiede a loro di pregare per lui", ha chiosato il portavoce vaticano padre Federico Lombardi.
“Io, carcerato, sono qui a testimoniare come la Misericordia di Dio ha cambiato la mia vita”
Pubblichiamo l’intervento di Zhang Agostino Jianqing, detenuto del «Due Palazzi» di Padova, alla presentazione del libro-intervista di Tornielli a papa Francesco «Il nome di Dio è Misericordia»
Buongiorno a tutti.
Mi chiamo Zhang Agostino Jianqing, ho 30 anni e vengo dalla Cina, più precisamente da Zhe Jiang. Può sembrare strano che un cinese porti anche il nome di Agostino ma più avanti capirete il perché.
La mia famiglia, di tradizione buddista è una famiglia di brave persone che nella loro vita si sono sempre comportate bene ed hanno lavorato sia in Cina che in Italia.
Nel 1997, all’età di 12 anni, sono arrivato in Italia con mio papà, la mia mamma era in Italia già da due anni.
Sono passati 18 anni da quel 1997, la maggior parte dei quali passati in carcere, tutt’ora sono in carcere.
Arrivato in Italia ho studiato un paio di anni, ma a scuola mi annoiavo, così spesso mancavo le lezioni, scappavo dalla scuola all’insaputa dei miei genitori.
Anno dopo anno diventavo sempre più cattivo, iniziavo a litigare con i miei genitori perché non mi davano i soldi per potermi divertire. All’età di 16 anni mi sono inventato la storia che andavo a lavorare lontano dalla nostra abitazione per poter stare fuori la notte. Spesso passavo la notte in discoteca, mi interessava solo divertirmi e sentirmi potente, così in poco tempo mi sono plasmato un carattere violento e superficiale, mi interessavano solo lo sballo, i soldi e le ragazze.
Ho commesso un grave errore
E così all’età di 19 anni sono entrato in carcere per la seconda volta con una condanna di 20 anni. Non parlavo e capivo quasi niente in italiano e per di più nel carcere di Belluno, dove sono rimasto i primi due anni, ero l’unico cinese. Ero pieno di difficoltà, non sapevo chiedere aiuto in tutti i sensi, ero disperato, l’unica cosa che mi faceva sentire un po’ meglio era prendere la penna e scrivere alla mia famiglia chiedendo scusa, scusa e poi ancora scusa per tutto il dolore e tutta la tristezza che avevo causato al loro cuore, in particolare alla mia mamma, che in quel periodo si faceva ogni settimana 700 km per venire a trovarmi in carcere. Ogni volta che mi vedeva piangeva. Vedere quelle lacrime che scorrevano davanti a me mi ha aiutato a guardarmi dentro e a percepire tutto il male che avevo causato alla mia famiglia e a quella della vittima. Il mio cuore tremava per il dolore e si sentiva spezzato. Improvvisamente dentro di me emergeva il desiderio di cambiare in meglio per non fare più soffrire la mia cara mamma. Nasceva in me il desiderio che questa sofferenza si potesse trasformare in felicità.
Nel frattempo, prima del trasferimento al carcere di Padova, ho conosciuto e stretto amicizia con un volontario, GILDO, che poi è stato proprio nel 2015 il padrino del mio battesimo. Ho capito, solo dopo un lungo percorso di Fede, che quest’uomo era stato il primo regalo che il Signore mi aveva fatto.
Dopo il Battesimo ho capito tutta la MISERICORDIA di cui sono stato oggetto anche quando non me ne rendevo conto. E questo libro di Papa Francesco mi ha aiutato a comprendere meglio quello che mi è accaduto.
Ecco perché del nome Zhang Agostino. Agostino perché pensando a sant’Agostino, alla sua storia, mi ha particolarmente commosso sua madre santa Monica per tutte le lacrime che aveva versato per il suo figlio, sperando di ritrovare il figlio perduto. È un po’ come la mia situazione, pensando alla mia mamma ed al fiume di lacrime che ha versato per me sperando che io potessi ritrovare il senso della vita.
Ritornando al volontario di Belluno la cosa che mi ha colpito è stato il suo volto, il suo sguardo che mi è sembrato immediatamente familiare, ho trovato in lui conforto ed una pace interiore che mai avevo provato prima. In quel periodo non parlavo e capivo l’italiano, perciò quei due anni sarebbero stati un inferno se non avessi avuto la fortuna di incontrare questa persona.
Nei nostri incontri era più il tempo che ci guardavamo di quello passato a parlare. Avevo il desiderio, la necessità di sfogare tutto il male che avevo dentro ma non riuscivo. Il semplice suo sguardo che provava compassione per me, in quei 2 anni mi ha sostenuto, incoraggiato nelle mie difficoltà.
Nel 2007 vengo trasferito al carcere di Padova. La prima persona che ho incontrato è stato un mio connazionale, Je Wu poi Andrea. Un detenuto cinese come me che aveva iniziato a lavorare in carcere a Padova e che mi è stato vicino e mi ha aiutato. Dopo pochi mesi dall’arrivo ho iniziato anch’io a lavorare con la cooperativa sociale Giotto, prima assemblando confezioni di gioielli, poi valige. Oggi sempre in carcere lavoro nel settore della digitalizzazione e delle chiavette per la firma digitale. Il mio amico Wu mi raccontava che le persone della cooperativa non guardano solo al lavoro ma vogliono bene a noi carcerati e ci trattano come persone e non come un numero di matricola o un fascicolo.
Ho visto giorno dopo giorno che questo mio amico era sempre più contento fino a decidere di diventare cristiano e di battezzarsi. Vedere accadere queste cose, lavorare con queste persone mi ha fatto sorgere la domanda e il desiderio di essere anch’io felice come loro.
Vedendo questi miei amici tornare dalla messa contenti, ho deciso di andare a vedere che cosa succedeva e se c’era qualcosa di utile per me. Ascoltando le parole del Vangelo e ascoltando i canti, dentro di me emergeva una gioia che non avevo mai provato prima, sembrava che i canti e le parole fossero fatti appositamente per me. Non vedevo l’ora che fosse domenica. Ma questo desiderio era di tutti i giorni, perciò ho deciso di partecipare con alcuni amici detenuti e della cooperativa ad un momento settimanale di incontro per poter condividere e amare al meglio la mia vita. Questo cammino mi ha fatto nascere il desiderio di diventare cristiano.
Questo mio desiderio si scontrava però con la preoccupazione di non arrecare un ulteriore grande dolore alla mia famiglia, in particolare a mia mamma buddista praticante.
Ho vissuto perciò per un certo periodo questo dramma non sapendo che cosa era più giusto fare. Ho chiesto consiglio agli amici e al buon Dio su quale fosse la strada giusta per me e per la mia famiglia.
Voglio ora raccontare un episodio che è stato per me come una chiamata.
Il Venerdì Santo del 2014 ho partecipato su invito degli amici al rito della Via Crucis e del bacio di Gesù in croce. Alla fine del rito tutti gli amici uno ad uno sono scesi a baciare la croce, dentro di me c’era il desiderio di baciare anch’io Gesù in croce, ma pensando alla mia mamma non riuscivo a farlo, mi sembrava di tradire una seconda volta mia mamma.
Ho pregato perché il Signore mi perdonasse. Finito il rito sono uscito dalla cappella e improvvisamente il mio cuore pentito piangeva perché non ero andato a baciare Gesù sulla croce.
In quel dolore di quel momento ho capito che mi ero innamorato di Gesù, che questo era vero e che non potevo più farne a meno. Così ho preso coraggio e ho chiamato la mia famiglia chiedendole di venire prima possibile a colloquio in carcere. Il giorno dopo mia mamma è venuta a trovarmi e gli ho raccontato quanto accaduto il giorno prima dicendole che non potevo più tenere nascosto il mio amore per Gesù e chiedendo a mia mamma che mi permettesse di diventare cristiano e di battezzarmi.
Difronte a queste parole mia mamma è rimasta per 5 minuti immobile, mi sono sembrati i 5 minuti più lunghi della mia vita, dopodiché con le lacrime agli occhi mi ha detto: «Se tu ritieni che questa sia una cosa giusta per te fallo, altrimenti io soffrirei di più». Dette queste parole siamo scoppiati tutti e due a piangere come dei bambini e ci siamo abbracciati. Ho sentito la presenza del Signore ed ho scoperto un altro amore della mia mamma, come quello di Maria.
Il giorno del rito di ammissione è stato per me un ulteriore conferma della bontà della scelta, perché sentendo la parola del vangelo dove dice: «Ero in carcere e siete venuti a visitarmi», ho compreso che Gesù ha mandato i suoi a cercarmi, e che il Suo tramite erano tutti gli amici che avevo incontrato in carcere nel lavoro e nel percorso di Catechismo, e che erano presenti lì con me.
L’11 aprile del 2015 mi sono battezzato, cresimato e ho fatto la prima comunione: tutto in carcere. Anche se avrei potuto ottenere il permesso dal magistrato di celebrarlo fuori dal carcere ho scelto di farlo nel luogo e con gli amici dove Gesù è venuto ad incontrarmi e dove io ho incontrato Gesù.
Ora permettetemi di ringraziare Papa Francesco per l’attenzione particolare che ha verso noi carcerati. Mai avrei pensato di essere invitato a partecipare alla presentazione di un libro del Papa, né di avere la possibilità di stringere la sua mano, com’è avvenuto ieri. Ringrazio soprattutto perché molti altri potrebbero essere qui al posto mio, molti altri avrebbero più diritto e bisogno di me.
Sono qui con la mia storia a testimoniare come la Misericordia di Dio ha cambiato la mia vita. Ma tutto questo non sarebbe stato possibile senza la presenza di tutti gli amici e fratelli del carcere di Padova. Sono qui con tutti loro nel cuore, è come se fossero tutti presenti qui. Come pure porto nel cuore tutte le persone carcerate del mondo che non hanno avuto la grazia che molti di noi hanno avuto.
Caro Papa Francesco grazie per l’affezione e la tenerezza che non manchi mai di testimoniarci. Grazie per la tua instancabile testimonianza. Grazie per le pagine di questo libro dalle quali emerge il cuore di un pastore misericordioso. Ti ricordiamo sempre nelle nostre preghiere.