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Il cardinale Joao Braz de Aviz festeggia Sant’Anna con i religiosi del Vaticano

Abbracciare il futuro con speranza per la testimonianza della gioia, svegliare il mondo, esperti di comunione in cammino nelle periferie esistenziali.

Chiesa di Sant'Anna
, 26/07/2015

Si celebrava la madre di Maria, la patrona della chiesa, ed è stata anche un’occasione per riunire i consacrati che svolgono attività in Vaticano e pregare per il prossimo Sinodo sulla famiglia insieme con le mamme e le nonne. Il cardinale Joao Braz de Aviz, prefetto della Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica, nella messa vespertina, ha parlato della necessità di tornare all’essenziale, al Vangelo e al carisma dei fondatori. Ha sottolineato la necessitaà di mettere le strutture al servizio della vita religiosa e non il contrario. Riportiamo di l’intervento del Parroco padre Bruno Silvestrino, pronunciato all’inizio della Santa Messa. Eminenza Card. Prospero Grech, Eccellenze reverendissime Oscar Rizzato e Francesco Gioia, confratelli nel sacerdozio, consorelle nella vita religiosa, fedeli carissimi, è un grande onore per tutti noi avere qui per la prima volta il grande (non perché è robusto, ma perché è bravo) il Cardinale João Bras De Aviz, al quale diamo un caloroso benvenuto. Basterebbe questo per dire evviva il Brasile!

Eminenza, è bello stare qui insieme in un momento di comunione tra noi  in quest’anno che Papa Francesco ha voluto dedicare alla Vita consacrata. Durante questa celebrazione eucaristica chiediamo al Signore di raggiungere i tre obiettivi indicati da Papa Francesco nella lettera di indizione dell’Anno dedicato alla Vita consacrata. Permettetemi di ricordarli perché costituiscono la motivazione che mi ha spinto ad invitarvi: 

Il primo obiettivo è guardare il passato con gratitudine, perché ogni nostro Istituto viene da una ricca storia carismatica. Il seme dei Fondatori e Fondatrici è via via diventato albero espandendo i suoi rami. Raccontare la propria storia, senza sterili nostalgie, è indispensabile per tenere viva l’identità, così come per rinsaldare l’unità della famiglia e il senso di appartenenza dei suoi membri. Guardare al passato significa ringraziare Dio per tutti i suoi doni e confessare con umiltà la propria fragilità e per viverla come esperienza dell’amore misericordioso del Signore.

 Il secondo obiettivo è vivere il presente con passione. Ciò significa diventare "esperti di comunione" in una società contraddistinta dello scontro, della difficile convivenza tra culture diverse, della sopraffazione sui più deboli, delle disuguaglianze.

Il terzo obiettivo è abbracciare il futuro con speranza in un tempo caratterizzato dalla diminuzione delle vocazioni e dall’invecchiamento dei membri degli Istituti religiosi, soprattutto in Occidente, dalle sfide dell’internazionalità e della globalizzazione, dalle insidie del relativismo, dall’emarginazione e dall’irrilevanza sociale. La speranza non si fonda sui numeri o sulle opere, ma su Colui nel quale abbiamo posto la nostra fiducia (2 Tm 1,12)

Se con la grazia di Dio riusciremo a realizzare, almeno in parte, questi tre obbiettivi, risponderemo alle quattro attese del Papa.

La prima: la testimonianza della gioia (il Papa dice: “una sequela triste è una triste sequela”).

La seconda: “svegliare il mondo”, perché il religioso deve essere un profeta, capace di scrutare la storia e interpretare gli avvenimenti: è come una sentinella che veglia durante la notte e percepisce l’arrivo dell’aurora (Is 21,11-12)...

La terza: essere "esperti di comunione" innanzitutto all’interno delle rispettive comunità dell’Istituto, poi con tutte le forze della Chiesa.

La quarta: andare nelle periferie esistenziali, ove ci sono persone che hanno perduto ogni speranza, famiglie in difficoltà, bambini abbandonati, giovani ai quali è precluso ogni futuro, ammalati e vecchi abbandonati, ricchi sazi di beni e con il vuoto nel cuore, uomini e donne in cerca del senso della vita, assetati di divino.

Programma difficile, fratelli e sorelle, ma “nulla è impossibile a Dio” (Lc 1,37).

Ci viene richiesto solo di lasciarlo agire in noi: fa tutto Lui. Preghiamo per questo. Affidiamoci all’intercessione della nonna di Gesù. Ieri e oggi le nonne sono sempre potenti. Cosi sia, così avvenga!

Alla celebrazione è seguito un buffet nella terrazza della casa parrocchiale in cui si sono ritrovati tutti attorno al Cardinale João  e agli arcivescovi, i religiosi, le religiose che silenziosamente lavorano nella Città del Vaticano. La serata è stata allietata dal sorriso di tutti per una iniziativa tanto simpatica perché mai organizzata prima.