Celebrato nella Pontificia Parrocchia di Sant'Anna in Vaticano nel giorno dell'anniversario di ordinazione ricevuta per l'imposizione delle mani San Giovanni Paolo II.
Il 26 ottobre, alle ore 18 nella Pontificia Parrocchia di Sant’Anna in Vaticano l’Arcivescovo Mons. Edmond Farhat, già nunzio apostolico, ha celebrato il XXV anniversario della sua consacrazione episcopale avvenuta tramite l’imposizione delle mani di San Giovanni Paolo II. Alla solenne concelebrazione hanno preso parte gli arcivescovi Oscar Rizzato, Francesco Gioia, Piero Marini, i monsignori Giuseppe Liberto, Enrico Viganò, Americo Ciani, Fortunato Frezza e Mons. Yaacoub Abdou e i padri Gioele Schiavella, Jafet Ramon Ortega T. , Gaetano Civitillo. Hanno animato la liturgia il coro dei religiosi maroniti di Sant’Antonio coordinati da P. Maged Maroun. Ha coordinato la celebrazione il Parroco di Sant’Anna Padre Bruno Silvestrini il quale ha introdotto la celebrazione con parole augurali. Ha concluso la celebrazione Mons. Francesco Gioia che ha riportato il messaggio di S. Ecc. Mons. Ruggero Franceschini, Arcivescovo metropolita di Smirne (Turchia) e presidente della conferenza episcopale turca la quale è grata a Monsignor Farhat per il suo incisivo ministero in Turchia in qualità di Nunzio Apostolico.
Riportiamo qui i punti centrali dell’omelia che ha tenuto Mons. Farthat
Arrivo a Roma 1960 - per starci 6 mesi. Sono passati ormai 54 anni.
Ho studiato e ho lavorato. Esprimo la mia riconoscenza alla Divina Providenza, e ai Papi che ho conosciuto e avuto l’onore di servire.
Papa Pio XII, che da studente, con un giovane monaco libanese, Genadios Murany. morto in odore di santità, ho visto sul suo balcone di Castel Gandolfo.
Papa Giovanni, il primo papa che ho potuto salutare e ricevere la sua diretta benedizione.
Papa Paolo VI, che mi ha assunto al suo servizio, particolarmente nella Segreteria del Sinodo dei Vescovi, dalui istituito, alui tanto caro come strumento di collegialità e di mutuo scambio di esperienze pastorali
Papa Giovanni Paolo I, di cui non dimentico il sorriso che ci spandeva, a noi, giovani sacerdoti, durante le assemblee sinodali.
Papa Giovanni Paolo II che mi ha scelto, ordinato vescovo e mandato suo rappresentante tra le nazioni in diversi paesi.
Papa Benedetto XVI che mi ha confermato la sua fiducia e gratificato della sua Benedizione, Specialmente durante la sua visita in Austria, nel 2007.
Papa Francesco che mi ha mandato la sua speciale benedizione per il miei 25 anni di episcopato.
Ringrazio i vari Superiori e confratelli nella Curia Romana vivi tra noi, o passati alla comunione dei santi.
Ringrazio la mia famiglia, genitori, fratelli e nipoti, che hanno dato tanto e chiesto nulla.
Ringrazio i miei diversi amici e benefattori che ho incontrato durante il mio lungo ministero sacerdotale e episcopale.
Ringrazio i confratelli sacerdoti che mi mostrano la loro fraterna benevolenza, particolarmente nel concelebrare con me questa sera!
Ringrazio voi tutti per la vostra partecipazione e la vostra presenza questa sera, e nelle diverse messe e cerimonie a Sant’Anna.
Come sempre, affido le vostre intenzioni alla Divina ?\ Provi de n za!
Ringrazio i padri agostiniani che da molto tempo - specialmente da quando sono m pensione mi accolgono fraternamente nella loro parrocchia e nella loro comunità
Il Santo Padre Francesco ha annoverato tra i Beati il Servo di Dio Papa Paolo VI. L’ha chiamato “Grande timoniere del Concilio”. E ha ricordato quanto ha sofferto, per la Chiesa, per il popolo di Dio, per la famiglia cristiana.
Ora, Non trovo meglio per ringraziare Dio di tante grazie e favori ricevuti, che di citare qualche brano degli scritti del neo Beato Paolo VI.
Diceva ai suoi sacerdoti milanesi nel lontano 1960,
come arcivescovo di Milano,
“Bisogna che reimpariamo a godere la nostra vocazione!
Che fonte di felicità!
Chi potrebbe essere più felice di noi preti,
che viviamo nel mondo delle meraviglie (del Signore)?
Chi potrebbe essere più lieto e più atto a cantare,
a godere, a liricizzare la propria vita,
proprio perché abbiamo continui argomenti di esaltazione interiore,
di bellezza e di speranza,
anche, se volete, di timore, di dolore e di compunzione? Sempre commosso dovrebbe essere il nostro spirito. Dove commuoversi di più (senno) nel nostro atto centrale, quello dell’amore e della carità?
Quanto soave è il Signore!" (1 dicembre 1960)
E ancora nella sua enciclica Caudete in Domino:
“Ascoltando la voce molteplice e unisona dei santi
avremo forse dimenticato la presente condizione della società umana?
Avremo forse sopravalutato le aspirazioni spirituali dei cristiani?
Avremmo (forse) ignorato che il Vangelo è stato annunziato prima di tutto poveri e agli umili?
Al contrario! Noi sentiamo che la nostra gioia sarà completa,
se ci rivolgeremo insieme, con piena fiducia,
verso Gesù, autore e perfezionatore della fede.
Ogni uomo,purché si renda attento e disponibile può
percepire, nell'intimo, la gioia della fede di Abramo.
Noi, non pensiamo al popolo di Dio in maniera astratta.
Raggiungiamo nel pensiero tutti coloro che
ricoprono piena responsabilità familiare, professionale, sociale.
Pensiamo ai bambini, ai giovani, agli anziani, al mondo dei sofferenti,
la gioia bussa alla porta delle loro sofferenze.
Ma il popolo di Dio non può avanzare senza guide.
Sono i pastori, i teologi, i maestri di spirito,
i sacerdoti e quanti collaborano all'animazione delle comunità cristiane.
La loro missione è di aiutare i fratelli ad incamminare
sui sentieri della gioia evangelica.
La loro vocazione particolare di vivere come discepoli di Cristo,
sulle vie della preghiera nella pace nella speranza,
trova un luogo privilegiato di arricchimento n
nella celebrazione pasquale
nella fedeltà a celebrare, nella gioia, l’eucaristia domenicale.
”La gioia di vivere la loro vocazione" (Caudete in Domino, 1975)
ORA, io ho la gioia di condividere con voi questa nostra vocazione,
di celebrare spesso l’eucaristia insieme eadesso di dire con voi Grazie.
Quanto soave è il Signore!