Ringrazio Padre Bruno nostro parroco cosi zelante, accogliente e sempre sorridente nell’accogliere i suoi fedeli e nel svolgere il suo ministero pastorale. Ringrazio la Professoressa Nadia Giudici, Presidente per avermi invitato a svolgere questa prolusione, davanti a voi, un pubblico distinto e attento ai problemi di attualità.
Il Libano ieri e oggi! L’ieri è lontano, lontano nel tempo e profondo nella storia. L’oggi del Libano è vivo, dinamico, complesso e quasi inafferrabile. Il suo ieri e il suo oggi pongono il Libano di fronte a due infiniti che hanno un inizio nel tempo e nella storia. Si sa quando si comincia l’ieri del Libano ma nessuno può pretendere di indovinare come sarà il domani dello stesso Libano. L’unica certezza che non si può negare è che il Libano esiste da ieri fino a oggi, e continuerà ad esistere nell’infinito futuro. Sarà sempre un lembo di terra affascinante, desiderato, conteso e combattuto, mai morto o posseduto da una sola parte. Nella Bibbia il nome del Libano, sempre in senso positivo ed ammirativo, ritorna 73 volte. Non è un argomento di facile trattazione. Tenterò di farne una presentazione la più breve possibile.
L’ieri del Libano Volendo cercare l’ieri del Libano si si perde nella preistoria. L’ieri del Libano comincia con l’alba della storia e della civiltà. Dio se lo prende per testimone della sua bontà e della sua generosità. Nei tempi messianici il bene che Dio concederà sarà abbondante “come il frutto del Libano” (Sal.72,16) . La fragranza della bellezza che concederà alla sua eletta “è come la fragranza del Libano” ( Cant. 4,11).
Le civiltà hanno tutte ammirato e desiderato il Libano con una certa mira annessionista dagli assiri ai babilonesi, agli egizi ai greci, ai romani e agli arabi.. Ma il Libano è conosciuto soprattutto come terra dei Fenici: Il luogo dove si stabilirono i Fenici corrisponde all’odierno Libano. Questa regione soprattutto per i suoi aspetti fisici e geografici era da sempre molto accogliente ed aperta Questa reputazione aveva anche le sue ragioni materiali e strategiche. Il territorio era ricco di sostanze e di materie prime “Ci corre latte e miele” dice la sacra Scrittura. Il legno del cedro diventò il principale commercio e forza espansionista dei fenici. Salomone chiese a Ahiram, re di Tiro, “che mi si taglino cedri de Libano” (1Re 5,20) per costruire il tempio d Dio. E il re Ahiram di Tiro gli “fece scendere dal Libano al mare legno di cedro e cipresso quanto ne volle” (1Re 5,24) per c abbellire il tempo di Dio. Il mare facilitava e sviluppava le comunicazioni con il mondo lontano e vicino. Era uno spazio, libero e garante di una certa protezione contro gli invasori interni. Perciò i Fenici scoprirono prestissimo il valore del commercio e delle comunicazioni con l’estero. Genio che i loro lontani successori libanesi di oggi conservano con vivacità, talento e successo.
Con i Greci, si dice che Alessandro Magno mise sette anni per poter occupare la città di Tiro. Ha potuto invaderla, lanciando contro i suoi muri delle barchette cariche di nafta incandescente. ( Forse erano già i lontani antenati dei barili incandescenti che si usano nella terribile attuale guerra in Siria?!
Sotto i Romani il Libano conobbe la sua prima epoca di prosperità, materiale ed intellettuale. La cultura si stese, le annali storiche raccontano dello sviluppo intellettuale dei Libanesi. Beryte, Berytus, Beirut, ospitò la seconda più grande scuola di diritto dell’Impero Romano. Baalbeck, Heliopolis, conserva uno dei monumenti più prestigiosi dell’epoca. Tiro e Sidone con le loro scoperte e ritrovamenti romani offrono un patrimonio culturale universale, unico in Oriente. La valle della Beqaa’, tristemente famosa oggi per le sue sofferenze e violenze, era chiamata “il Granaio dell’Oriente”.
Con gli Arabi il Libano conobbe periodi alterni di pace e prosperità e periodi di persecuzione e restrizione. I Turchi, gli Ottomani, hanno governato il Libano per più di quattro secoli e mezzo. Fu il periodo più triste della storia del Medio Oriente cristiano. Sotto il giogo ottomano sparirono tutte le comunità cristiane o si ridussero al minimo della loro esistenza, divenendo anche suddite del potere del Sultano. I Cristiani del Libano si sono salvati grazie alla montagna.
Il Libano conobbe il suo periodo di prosperità e di quasi sovrana autonomia libanese, con il Principe Fakhreddin, (1516-1544), amico e protetto dei medicaci. Ai Fakhreddine succedette la dinastia Chehab nel XVIII secolo. L’epoca dei Chehab, prospera e promettente all’inizio terminò con un conflitto fratricida e una terribile guerra civile tra libanesi. I Cristiani e i Drusi che da secoli convivevano e collaboravano sotto l’egida degli Emiri libanesi, furono strumentalizzati dall’impero e commisero l’eccidio del 1860. In seguito, le potenze occidentali imposero ai Turchi la loro protezione delle minoranze ( Francia/ Maroniti, Russia/Ortodossi, Inghilterra/Druzi, Austria/Greco Cattolici, Italia/Cattolici). E’ l’epoca della Mutasarufiyyah. Il Libano veniva amministrato da un governatore cristiano, non libanese, fino alla prima guerra mondiale, quando con lo smembramento dell’impero ottomano,la Francia ha avuto il mandato su una parte del Medio oriente, principalmente il Libano.
Il Libano di oggi. Il Libano oggi è una Repubblica parlamentare. Il suo territorio, una catena di montagna appoggiata da una grande pianura contraffatta da una altra catena montagnosa, che fa di frontiera con la Siria, misura 10,450 Km , di 160 x 45 x70. L’attuale repubblica libanese fu proclamata, il 1º settembre
Henri Gouraud, come repubblica indipendente sotto il mandato della Francia. Lo Stato del
Grande Libano, come veniva chiamato, in gran maggioranza
cristiana (principalmente
maronita), ma con ampie componenti
musulmane (
sunnite e
sciite) e
druse, con capitale Beirut, divenne completamente indipendente e libero da ogni esercito straniero, il 31 gennaio 1943. 1920, per decreto dell'alto commissario francese Generale
In base a una convenzione costituzionale siglata informalmente come "
Patto Nazionale" (
al-mīthāq al-watanī) nel
1943, le più alte cariche dello Stato sono assegnate ai tre gruppi principali:
Oggi per norma, il Presidente della Repubblica è cristiano maronita, il Presidente del Parlamento musulmano sciita e il Presidente del Governo è musulmano sunnita, mentre il vice primo ministro è cristiano ortodosso e, generalmente il ministro della difesa di religione druza. Il numero dei deputati in parlamento è di 120 deputati, divisi a metà tra cristiani e musulmani e cosi anche i numero dei ministri che partecipano ad ogni governo. E’ un equilibro instabile, delicato e fragile, ma finora è l’unico possibile e praticabile tra le diverse confessioni religiose che formano la Repubblica libanese.
La storia libanese successiva all'indipendenza è stata caratterizzata dall'alternanza di periodi di stabilità politica e di disordini, ai quali si è sovrapposta la prosperità economica, determinata dalla storia libanese e dall'importanza che
Beirut riveste nel
Vicino Oriente quale centro finanziario e commerciale e piazza d’affari.
Nel 1947-1948 scoppiò la guerra israelo-ataba. Il Libano ur dichiarandosi solidale con i paesi arabi, si mantenne al di fuori dei combattimenti e firmò l’armistizio del 1948. Benché accogliendo alcuni centinaia di migliaia di profughi palestinesi, conobbe un periodo di pace e di prosperità notevole. Le sue frontiere con Israele rimasero tranquille fino al 1970. Nel 1970 i Palestinesi di Giordania si ribellarono contro il regime di Hussein, che confacevano niente o poco. Per il loro ritorno in patria. Due guerre degli Arabi contro Israele, 1956 e 1967, hanno aggravato le condizioni dei Palestinesi e aumentato a loro rabbia. Furono tragicamente schiacciati e cacciati fuori dal regno hashemita. Una buona parte raggiunse i campi, già sovrappopolati dei Palestinesi in Libano. Lo squilibrio non tardò. I Palestinesi avevano già a capo Yasser Arafat, come Presidente dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP). A partire degli anni settanta ebbero la tentazione di sostituire la Palestina con il Libano. Calcolarono male lopposizione e la resistenza dei Cristiani. A partire del 1975, il confronto fu subito violento e sanguinario. Alcuni partiti libanesi musulmani presero anche parte per l causa palestinese in Libano. La guerra diventò civile. Per mettere pace, dopo due anni di violenze e battaglie, la Siria si presentò come forze di “pacificazione” e fu salutata anche dai Cristiani come “Forza Araba di Dissuasione. Presto i Siriani hanno preso gusto alla via, al benessere allo stare in Libano. Il loro intervento che i Cristiani pensavano fosse una passeggiata per mettere ordine e ritirarsi dopo, durò trent’anni. Trent’anni di vera occupazione e dominazione.
Nel 1982 il Paese subì una invasione israeliana, l'operazione militare "Pace in Galilea". Essa era stata voluta dal governo israeliano con la pretesa di sradicare dal Libano la presenza armata palestinese ma, spinta fino a Beirut, ebbe come unico risultato la disfatta morale degli Israeliani e la rovina per i Libanesi. Era appena eletto un giovane e promettente Presidente Bechir Gemayel, che il 14 settembre 1982, nove giorni prima dell'investitura ufficiale, cadde vittima di un attentato, che fino ad oggi non si sa da chi era stato cosi tecnicamente ben organizzato. Assieme a lui morirono altre 25 persone, perdendo la vita in un'esplosione nel quartiere cristiano di Ashrafiyeh, nella parte orientale di Beirut. Gli israeliani hanno ritentato la stessa esperienza nel 2006, producendo molto danno e perdite, materiali e umane, ma non hanno raggiunto il loro scopo che, a quanto dicevano, era, questa volta, di eliminare la potenza di Hezbollah. Invece vi hanno lasciato più di centosei militare sul campo.
Alla fine della guerra del Libano 1975-1989 un conferenza a Taif in Arabia saudita fece riconsiderare la costituzione della Repubblica, dividendo le cariche e responsabilità 50 per cento da decenni. Il loro ritiro non si fece mai. E richiedeva il completo ritiro dei Siriani. I Siriani non l’intendevano in questo modo. Ma alla fine i loro propri “fratelli” ed alleati musulmani non ne potevano più e manifestavano pubblicamente la loro opposizione all’ingerenza siriana negli affari del paese. Sembravano raggiungere il costante, permanente e pacifico oppositore all’occupazione siriana, il patriarca maronita, Cardinal Nasrallah Pietro Sfeir. I Siriani CHE non avevano intenzione di lasciare il Libano, pensavano di schiacciare la nuova opposizione sollevando i loro alleati nazionali. Il confronto esplose con l’assassinio dell’ex Primo Ministro Rafik Hariri, nel 2002. Hariri era un grande uomo d’affari che si era conquistato una fama e un ruolo politico internazionali. I suoi amici e alleati, particolarmente la Francia di Chirac ottennero che la Nazioni Unte votino l’immediato e completo ritiro dei Siriani e l’istituzione di un Tribunale internazionale per indagare sulle cause e attori dell’assassinio di Hariri. La liberazione del Libano dai Siriani ha avuto luogo nel 2005.
Il Libano è terra di dialogo permanente. Si parla di “dialogo pratico” nel quale tutti i libanesi di delle diverse confessioni, cristiane e musulmane, si ritrovano, parlano, lavorano e si incontro attorno a molti valori comuni. Questa realtà ha portato i movimenti culturali del dialogo a chiedere con insistenza al governo di dichiarare la festa dell’Annunciazione di Maria (25 marzo) festa nazionale festiva a partire del 2010. Malgrado alcune opposizioni iniziali, oggi la festa è celebrata con serenità da tutti i libanesi.
Ciò che differenzia e rende unico il Libano è il suo costante ruolo di crocevia e ponte tra il mondo cristiano e il mondo islamico: da rimarcare sono i contatti frequenti tra il Libano e l'Europa ed in particolare con la Francia e l’Italia. I rapporti con l'Italia affondano le loro radici nella penetrazione commerciale pisana, veneziana e genovese all'indomani della caduta dell'Impero bizantino. La sua prosperità è dovuta anche alla costante permanenza di basi militari e commerciali veneziane nelle vicinanze del Libano fino al
XVIII secolo. Curioso e rimarchevole è l'episodio che lega la Toscana alla storia del Libano e che rimonta agli inizi del XVII, quando il Granduca di Toscana ospitò a lungo e strinse un'alleanza con l'emiro libanese Fakhreddin, secondo la quale, mediante l'Ordine de Cavalieri di Santo Stefano, il primo si impegnava ad aiutare il secondo a liberare il Libano dal giogo ottomano. Tale alleanza non andò a buon fine vista la prematura morte del Granduca e la sua difficile successione da parte di suo figlio appena undicenne.
Quando si pensa Libano oggi si pensa per primo, e spesso, spesso alla guerra, alla violenza, alle lotte, o anche al Libano degli affari, dei profughi e delle collisioni internazionali e regionali. Ma non é cosi. Il Libano oggi è un crogiuolo di civiltà e cultura. Quello che ci interessa sapere in questa sede è l’aspetto culturale e religioso del Libano di oggi.
Gli abitanti del Libano, aiutati anche dalle loro relazioni con la Chiesa di Roma, con il tempo rivelarono un acuto gusto per la comunicazione, l’uso delle lingue e della cultura. Famoso è Simone Assemani (1687-1768), fondatore e primo conservatore della Biblioteca Vaticana e la serie dei cugini che gli hanno succeduto lavorando in Vaticano, a Ravenna e a Parigi, sempre nel settore delle lingue e delle traduzioni...
I Cristiani del Libano sono poco più di due milioni su quattro milioni e mezzo di abitanti
La maggior parte di loro sono cattolici anche se appartenenti a diversi riti (Maroniti, Greco cattolici, Armeni. Ortodossi e cattolici, Siri, cattolici e ortodossi, Caldei, Assiri, Latini, Protestanti evangelici, ecc ). Ci sono non meno di dieci seminari per la preparazione al sacerdozio, mezza dozzina di congregazioni religiose maschili e femminili. Tutta la Gerarchia cristiana, cattolica e ortodossa del Medio Oriente è presente in Libano.
Nel 1948 il Libano era già membro dell’UNESCO. Questo grande Istituto culturale tenne un dei suoi primi convegni a Beirut nella primavera del 1948, C’era l’intenzione de fare di Beirut la sede permanente dell’Unesco, se non ci fosse stata poi la guerra israelo-araba. La cultura e il gusto del Libano moderno per le lettere e le belle arti, il cinema e la comunicazione si manifesta attualmente tutti i livelli.
Il Libano è ancora cristiano, grazie o forse a causa dell’indisciplina, testardaggine e intelligenza della sua componente maggiore che sono i Maroniti. E’ l’unico paese nel Medio Oriente dove i Cristiani sono ancora di ugual numero, se non più numerosi dei loro connazionali, dove parlano, agiscono e predicano liberamente ad alta voce, usando la stessa lingua dei loro connazionali arabi, e comunicando con l’estero nella propria lingua di ciascuno. Nel Libano il dialogo religioso non ha bisogno d’interprete. La Chiesa gode de tutte le condizioni di Libertà: stampa, parola, manifestazioni, critica pubblica, mezzi di comunicazioni sociali, scritti e parlati e televisivi. Tele Lumière è una stazione di televisione appartenente alla Chiesa che viene guardata in tutto il mondo dove ci sono emigrati libanesi
Accanto ai seminari ci sono le Università. Tra 45 università, che esistono in Libano, 42 sono private, zeppe di studenti, con altissime spese, e di livello accademico internazionalmente riconosciuto. (Laterano). Di queste università cinque sono tenute dai Religiosi: (Saint Joseph, Gesuiti; Saint Esprit Kaslik, Padri Libanesi Maroniti; Notre Dame de Louaizè, Padri Mariamiti; Università Antoniana, Padri antoniani maroniti e l’Unversità di N. S, di Balamand del Patriarcato greco ortodosso di Antiochia.
Sono dello stile e metodi tradizionale classico francese, ecclesiastico, inglese, americano con tante variazione tecniche e informatiche e di lingua araba, francese e inglese. Fino ad oggi, malgrado le tensioni politiche, c’è una convivenza rispettosa e accademicamente corretta.
Dal punto di vista cultura, nei tempi moderni, tra i pensatori, scrittori, saggistici, poeti e filosofi di libanesi sono noti i nomi di Amin Rihaany, May Ziadé, Georges Shehadé, Gibran Khalil Gibran, l’autore del Profeta che raccomanda: “I vostri figli non sono i vostri figli. Sono i figli e le figlie della brama che la Vita ha di se. Essi non provengono da voi, ma per tramite vostro, E benché stiano con voi non vi appartengono. Potete dar loro il vostro amore ma non i vostri pensieri, Perché essi hanno i propri pensieri.”
Molto pubblicizzato in questi giorni in Italia è Amin Maalouf, di cui la Bompiani Editrice traduce e pubblica le opere in Italia. Recentemente ha presentato la sua ultima opera, con queste parole: “Ci sono dei romanzi scritti e che vanno letti perché aiutano a capire il mondo, il nostro posto nell’universo, i meccanismi della nostra memoria, i nostri sogni e desideri: insomma contribuiscono a farci comprendere chi siamo. Ne è un esempio ‘I disorientati’ di Amin Maalouf (Bompiani 2013).
Terra di incontri, luogo di ristoro, di cultura, il Libano è anche terra di preghiera e di santificazione, di spirito e di ricerca intellettuale e sociale. E’ la culla delle religioni. E’ anche Terra Santa visitata da Gesù il Salvatore; ne testimoniano Tiro, Sarepta, Sidone e i Cedri. Dio, in Libano, è presente dappertutto ( e in modo anche fisico, poiché ha un partito che sia chiama “hezbollah”).
Accanto ai peccatori ha prodotto e produce anche famiglie sante e fedeli cristiani, sacerdoti sapienti e uomini e donne che si impegnano secondo i precetti della Chiesa, per il regno di Dio. Ancora oggi vivono in Libano, su un pò più di un milione di Cattolici un migliaio di monaci, religiosi e persone consacrate di diversi carismi. Ci sono due eremiti oggi l’uno era professore di teologia, l’altro proviene dall’America Latina. Tutti e due in luoghi diversi, fanno una vita eremitica secondo la regola di Antonio e Pacomio. Un terzo, il Servo di Dio, Romano Bottegal, italiano, 1921 - 1978, monaco e maestro di novizi del Monastero cistercense di Tre Fontane, dopo lunga ricerca, anche in Palestina, solo in Libano ha trovato il luogo di austerità e di spiritualità, di ritiro e di ascetica, per santificarsi nel silenzio e nel lavoro.
Quando nel 1976, a causa della guerra in Libano, i suoi Superiori romani volevano richiamarlo in Italia, il Servo di Dio Romano rispose: “Da parte mia sono d’avviso di stare qui… anche se la situazione è peggiore di quando sono partito 4 anni fa. Rimarrò, e rimarrò contento, contento della mia vita, contento di quanto la Provvidenza disporrà”. Terminò la sua vita, consumato dalla mortificazione e dalla malattia, lasciando una grande fama di santità.
I Papi hanno stimato ed apprezzato il Libano per la sua configurazione e il valore della sua esistenza.
- Pio XII disse al primo ambasciatore del Libano presso la Santa Sede : “La sua Patria, accolta di svariati elementi etnici e linguistici, simile all’aquila dalle ali piene di piume dei più diversi colori, che il profeta Ezechiele vide volare sul Libano (Ezech. 17, 3), sembra, Signor (ambasciatore), particolarmente chiamata ad attuare quella gioconda e fraterna convivenza, di cui parla il Salmista (Ps. 132, 1), anche fra quelli che differiscono per origine e per pensiero. Il pratico esempio di un così felice sentimento fraterno, giovevole al bene comune di tutti, potrebbe divenire, nel mondo, agitato del vicino Oriente, di istruttiva e nobile significazione” (1947).
- Paolo VI disse ai Libanesi, all’occasione della canonizzazione di San Charbel: “il vostro paese, salutato dai poeti biblici, visitato da Gesù, venuto a ricompensarvi la fede della donna siro-fenicia, è il luogo d’incontro fra l’Oriente e l’Occidente” (9 ottobre 1977).
- Giovanni Paolo II lo definì più che “un paese, un messaggio” per il futuro, espressione che i Libanesi ripetono con fierezza
- Benedetto XVI, prendendo congedo dalle autorità civili e religiose all’aeroporto di Beirut ha commosso i suoi uditori dicendo:“All’attenzione e al rispetto avete aggiunto un complemento; lo si può paragonare ad una di quelle famose spezie orientali che arricchisce il sapore delle vivande: il vostro calore e il vostro cuore, che mi hanno dato il desiderio di ritornare. Ve ne ringrazio in modo particolare. Dio vi benedica per questo! (15 settembre 2012).
- Papa Francesco ricevendo il patriarca sia il presidente della repubblica libanese ha ricordato quante buone ed amichevoli relazioni manteneva con la colonia libanese di Argentina.
Vorrei pere finire citare qualche assaggio di autori libanesi.
- Charles Malik ( p. 172 , Fede in G.C.)
- Amin Rihaany ( p. 174 , Padre nostro).
- Ghassibé Kairouz (p. 189, Ricordate ).
Libano luogo d’incontri e scontri, di pace e di guerra, di sviluppo e di terrorismo – gli avvenimenti di questi ultimi giorni ci lo ricordano amaramente -, non sarebbe quello che è se i suoi primi abitanti non avessero conservato la fede in Gesù Cristo, nato dalla Vergine Maria, morto e risuscitato per noi il terzo giorno.
Lasciando le pianure e terre fertili della Siria, i Maroniti, si rifugiarono nella montagna. Dalla roccia fecero il simbolo della loro fede e dalla loro devozione la corazza della loro crescita culturale e religiosa. I templi consacrati a Giove vennero da loro intitolati al Cristo Pantocrator e i santuari dedicati ad Astarté, la dea dell’amore e della fertilità, furono dedicati a Maria, Madre di Dio, con molteplici e diversi titoli d’invocazione. Mi piace, per terminare, invocarla con il titolo Regina del Libano.
O Mariamu,
Signora dei monti e dei mari
del fulgido Libano sei Regina,
di esso la gloria ti è data,
simbolo tuo, l’hai voluto.
Vergine,
del Libano come la neve sei pura,
come i suoi fiori profumi.
Questo noi ti chiediamo:
lo sguardo materno
Tu volgi ai tuoi figli,
dovunque essi sono;
Tu, il manto tuo su loro distendi
e con le tue benedette braccia
gli benedici. Amen.